Poesie


(al nome proprio)

Ho ascoltato il farsi
di una dimestichezza
qualunque senza
renderla degna
del nome proprio
assunto dal mio
indecidermi.
Sciabordando innocua
al lato mi sospinsi

scusando d’amore
il mio singhiozzo.

da Se le figure, e invece il dolore. Silenzi, Seconda stanza, Nomino me, e brucio il dolore.

 
 

 
Fontana mia
la candida

notte

ti attraverso
dopo aver lasciato
sciami di
albe alla tua finestra.

Liquefatta feci
la mia essenza

al tuo sorso.

da Se le figure e invece il dolore. Silenzi, Seconda Stanza, Nomino me, e brucio il dolore.

 



Accolita resto
annidata sulle
mie punte
argento incastonato
di muraglia vergine.
Slabbrano i colori
sulle trafitture
inferte alla
mia docile porta.
Avversa al segno.
Nel nido accaldato
dalle mie ultime
piume aspiro.
Volute.
Puntando
le dita
armandomi di
unghie per ricevere
gli Dei. Sui palmi
aperti costruisco
case per i miei
passi.
Sogghigno in ultimo
alla devozione.
Dietro il mio
sorriso
stanno schiere
di vergini.

Poesia selezionata per il Concorso Nazionale Detto-Scritto, interpretata a Nettuno 1 ottobre 2010





Getto l’amo.
Pesco
parole e
pesci d’argento.
Getto. L’amo
incantato cui
senza posa
risponde la tua
bocca. Sulla
zattera assolata
zaffiri intagliati
dall’ombra
del mio amuleto.
Getto l’amo
e. Pesco parole
e le tue mani.
Chinate a coppa
laddove
acciambellato
giace il mio
ombelico. D’argento
l’amuleto e ferro.
Battuto dai
chiodi che
insaporiscono
la briciola del tuo
pasto. Amo
incantato e
pesce d’argento.
Un pacchetto
di carta lasciato
sulla mia zattera.

da Nascosta e lo Specchio, Prima Stanza, Vetri d'Argento Irriflessi.
Poesia letta alla manifestazione 8 poetesse per l'8 marzo III edizione, Forte Sangallo (Nettuno) 2010.




Senza lingua l'abito

L’aspro unguento
a gocce
candide. Il tonfo
rumore
di piatto. Ad accogliere
senza lingua residuo
e sapore.
Aspro e di unghie
marchiato
dall’odore metallico
di mestolo e grasso
d’uomo.
Nella polla
striata di carminio
l’abito dimesso sulla
mia pelle d’oca.
Chiudo la cinta
col nodo
che stringe
il mio stomaco.
La nota dimezza
la mia gola
assestata
sul grido del tuo
rossetto. Stonano
i miei tacchi sul selciato
sconnesso
di una notte di
santi e gelo.
Apri la porta
e digrigna
i denti sulla mia chiave.


da AA. VV., Cose a parole II edizione, Lab Giulio Perrone Editore