Pubblicazioni


Maria Carla Trapani,
Se le figure, e invece il dolore.
Silenzi
,

Bel-Ami Edizioni,
2012

scheda






 Se le figure, e invece il dolore. Silenzi, con prefazione di Luca Benassi e postfazione di Eugenia Serafini, pubblicato senza contributo dalla Bel-Ami Edizioni.

 Dalla prefazione di Luca Benassi: 

...Quella della Trapani è un’acqua scura, ‘fragrante’ e dissetante, e allo stesso tempo cupa e capace di inghiottire come un mare nero e abissale [...] Il lettore troverà in queste poesie un’intima oscurità, un proliferare di metafore, di articolazioni sintattiche al limite della rottura, una sonorità barocca, sontuosa, ricca, tutta giocata sull’alternarsi di versi brevi o brevissimi, composti da una sola parola. È questa una poesia ‘necessariamente oscura’, per dirla con Guido Ceronetti, perché rifiuta il brutto e il triviale, brillando invece nel fuoco della parola, nell’avvampare dei corpi, dello spirito, della luce [...] 
Quello che il lettore ha fra le mani è un libro che si può amare o detestare, visceralmente, ma che in nessun caso può lasciare indifferenti, sordi al suo richiamo; è un libro che brucia, taglia, arroventa, innamora. E in questa contemporanea, sconfinata piattezza della parola, non mi pare sia cosa di poco conto.
 

Dalla postfazione di Eugenia Serafini:

...Ed ecco l’eros irrompere prepotente e accendersi in una dimensione panica, che fonde e con-fonde i corpi con la natura, intrecci amorosi e rimandi ai sapori – sa di miele il mio corpo – agli odori, alle luci – capelli fragranti di sole – ai frutti – campo di mele – e il tuo corpo che riluce di semi, le radici nascoste, il vestirti di lievito trovano la loro naturale conclusione nel tepore del primo mattino come pane che giunto al culmine del suo processo cuoce, profuma ed è fragrante .
Pane nato da lievito madre ovviamente, la forma più antica e sublime, allusiva e naturale della ripetizione del miracolo legato al riprodursi della vita: “Sono vestita / di lievito e cuocio / al tepore / del primo mattino”.
E tuttavia, Marika,  l’eros che ti avvampa anela a diventare amore nella forma più totale, coinvolgente, in una donazione di sé che non ammette zone d’ombra o reticenze... 



 

Maria Carla Trapani,
Nascosta e lo Specchio,
Lab Giulio Perrone Editore,
2010


 
 Il mio Nascosta e lo Specchio, con prefazione di Letizia Leone - pubblicato senza contributo, in quanto vincitore del concorso "Cose a parole" II edizione.

Dalla recensione di Fortuna Della Porta:


...si ha la tentazione di chiamare a testimonianza Joyce e Svevo, di parlare di scrittura del flusso interiore, secondo l’accezione del ‘900. Addirittura citare Bergson e suggerire il suo concetto di durata, ossia del Tempo soggettivo, che scorre secondo modalità non considerate dalla scienza. [...]
Una nota bisogna stendere anche sullo stile, che nulla concede alla facile suggestione, al lavoro di rima e assonanze. Nessun verso è ammiccante. La scrittura si mantiene appuntita, asciutta, ellittica, frammentata, in un ritmo lento e cadenzato. [...] Tralascia ciò che è costruzione e rifacimento del verso, quasi infilandosi in uno sperimentalismo formale, che è di sicuro originale. Il colare naturale della parola, pur nell’assetto contratto dalla continua elisione della frase, conferisce al verso un fascino intrigante se non misterioso. Il lessico è accurato e non debordante, raffinato ma non pretenzioso. [...]
M. C. Trapani si ascrive alla schiera di giovani poeti che stanno proprio segnando l’affrancamento dalla cultura del ‘900, per quel piglio sicuro con cui infrangono regole e forme per mettersi direttamente all’ascolto della propria unicità umana e poetica.




AA. VV., Perle sciolte,
Bel-Ami Edizioni,
2009

scheda

L'antologia che contiene la mia silloge, M/E, di Perle e di Parole.

Dall'introduzione di Letizia Leone:

Per la sua silloge Maria Carla Trapani ha scelto il titolo M/E, di Perle e di Parole, quasi a voler suggellare un legame analogico con la “parola”, che va, presente e ossessiva, verso dopo verso. Il punto di contatto tra parole e perle è il dolore: secondo le antiche superstizioni, le perle altro non sono che lacrime. Troviamo conferma di questa supposizione procedendo nella lettura
e scoprendo una poesia carnale, in cui il corpo giganteggia. La pienezza della carne (sensualità e passione) coincide con la pienezza della materia, e via via anche le cose astratte prendono robustezza e ruvidità di oggetti (“largo come colore / d’osso scivola / lento accompagnato”). Le parole-grido penetrano in gola, qualcuna pure nel cuore, fino a scoppiare nella poesia “Tossisco spilli”, emblema della parola perduta. L’anatomizzazione del dolore fisico è esasperata da una tecnica “pittorica” iperrealista: “[…] e il petto mi si squassa il fuoco / stacca via pezzi d’ossa e viscere”.